febbraio 23, 2020 | | in Blog
Punto dopo punto, riga dopo riga, taglio dopo taglio, con pazienza e accuratezza l’abito stava prendendo forma. La sua. Lui lo sapeva bene, aveva visto con quale precisione certosina il sarto gli aveva preso le misure, con quanta passione lo avevano consigliato sui tessuti migliori, con quanta perizia gli avevano spiegato come “cade” una spalla, cos’è un giro manica e come si costruisce un revers. E lui aveva imparato ad aspettare il tempo necessario, affinché il vestito nuovo fosse pennellato sul suo corpo.
L’idea gli era venuta quasi per caso: un giorno era passato da Ader, in viale Francesco Crispi, a Milano, e si era soffermato a guardare la vetrina dedicata al bespoke e aveva deciso su due piedi: «Adesso entro e mi faccio fare un abito su misura». La calda accoglienza lo aveva messo subito a suo agio; la professionalità dei commessi lo aveva diretto verso le scelte più indovinate delle stoffe e la pacata professionalità del sarto aveva compiuto il miracolo.
E adesso non vedeva l’ora che arrivasse la fatidica telefonata ad annunciargli che il suo abito nuovo era pronto. Sarebbe stato certamente perfetto per lui e avrebbe potuto sfoggiarlo al lavoro, quella riunione era proprio l’occasione giusta. E chissà cosa avrebbe detto sua moglie, che da tempo insisteva per fargli fare un abito su misura. Se ne sarebbe accorta? Lui credeva di sì, lei era così attenta ai particolari che certamente avrebbe notato la foggia del vestito e come gli calzava a pennello. Sarebbe stata una bella sorpresa per lei e una piacevole certezza per lui. Il prossimo passo sarebbe stato il soprabito personalizzato, tanto da Ader sapevano fare benissimo anche quello.